Una edizione speciale del Pitti. La prima da quando il lusso è in corto circuito. La prima da quando la normalizzazione dei prezzi e’ richiesta e ottenuta. La prima da quando la gen alfa e gen zeta diventano clienti e target dominanti . La prima da quando i cinesi non sono più voraci assorbitori di merce. La prima da quando il digitale non può più dare crescite. La prima dove il lusso non è più in testa alla classifica, La somma di queste cose rappresenta per l’Italia e gli italiani una grande occasione. La prima per molti nuovi venditori, l’ultima per molti compratori. C’è una poetica nelle prime volte. Quella del contesto delle ultime . Ultimamente non si sentiva più parlare di ultimi , invece finire è triste, ma utile per cambiare Rinnovare. Rimontare . Sento che nel vento generativo di un bel crepuscolo, puo’ sorgere una nuova luce. Una nuova stella. La nuova generazione. Casualmente noi, i piccoli italiani abbiamo in questi mesi la chance di reagire. La Francia, la Germania, la Cina, in subbuglio. Per non parlare dell’Inghilterra.Forse e’ il momento di costruire un nuovo sistema. O meglio tornare ad investire sugli italiani ? Ma chi lo farà? Chi vuole riprovare a suonare un tango appassionato che unisca consumatori, aziende e retailer? L’effetto del lusso come lo champagne del frigo bar ( piccolo, caro, insipido) è finito .Nessuno vuole più il poco a tanto e per tutti. Molti vogliono solo le cose giuste in giuste in giusta dose. Il giusto è una voce forte. Vox come vocazione. Il Lusso è Lux. Luce abbagliante, accecante, bianca che rende tutto uguale. Nella tirannia del simile, una fiera diventa il gioco e la festa, che vivifica tanti mestieri e riaccende tante passioni. La passione, l’unico motore che possiamo riaccendere. Passione che dovrebbe e potrebbe diventare azione. Contro la noia della conformità. La moda era una rivoluzione culturale. Il lusso la ha ridotta a periferia . Ma la qualita’ della passione puo vincere contro la violenza della comunicazione? Si se la oltre la qualita’ del prodotto ci sia anche quella dei protagonisti.
CHIEDETE E VI SARA’ CHIESTO
La infinita passione che muove il commerciante , a volte non lo aiuta a diventare un retailer. Un commerciante, compra e vende. Un retailer trasforma metri quadri in scontrini. La differenza non è banale. Come si diventa un retailer ? gestendo i metri quadri (in America, oramai facendo omnichannel) . E puntando sul traffico. La merce… a volte secondaria, magari per ovviare alla carenza di merce, puntiamo su altre cose. Se ci focalizziamo infatti solo sulla merce, a forza di richiederla, vi sarà sempre e solo richiesto … più quel x prodotto è richiesto, e più vi sarà chiesto. La fiera è il modo migliore per trovare non solo cose nuove , ma nuove maniere di vendere, di comprare, di pensare il proprio mestiere.
STATI UNITI DI ITALIA
Non ho chiaro quanti espositori ci siano , penso molti, non vado a vedere le statistiche, immagino mah direi 1500 ? ho chiesto a Claude 3.5, mi dice circa 1200. Su Google 600 . Ogni negozio italiano tiene mediamente, 80 brands. Di cui la meta da uomo. Qua ce ne sono quasi 20 volte di più.
Grandissima generosità di scelta. Esistono altre fiere così inclusive ? Ispo, Magic, non sono proprio la stessa cosa. Questa fiera è bella come appunto una giornata di festa, il Pitti per molti è un weekend lungo pieno di idee. Per altri una kermesse . Per me personalmente un momento unico . Dove vedo una energia che non vedo piu’ da altre parti.
Eppure, manca qualche cosa. Si manca una nuova dinamica per amplificare questa energia. Nonostante qua ci siano una montagna di prodotti, in certe dinamiche di volume, nessuno degli espositori del Pitti, forse 2, arrivano nella top 20 dei budget dei grandi retailer. I marchi italiani che tanto vogliono sfondare nel mondo a volte non sfondano in Italia.
In America, Saks, Neimann , Begdorf, si sono uniti . In Francia, tutti i marchi sono sotto due padroni. In Italia tutti divisi .
Essere divisi come commercianti, significa triplicare i costi e farsi concorrenza.
Essere divisi come marchi significa , avere frammentazione e assenza di pianificazione.
Molti brand si sono illusi , che andando all’estero e svuotando l’Italia, li avrebbe aiutati a crescere. Certo ha funzionato negli ultimi anni del secolo.
Oggi, dove i consumatori costano piu dei prodotti , non ha senso arrivare in una fiera e ragionare da frammentati .
Servono nuovi gruppi di acquisto e nuovi gruppi di vendita. La fiera e chi la pensa dovrebbe sforzarsi ( come penso faccia) per aiutare l’Italia a rigenerarsi, costruendo la spina dorsale del nuovo settore del retail, e facendo fare l’ultimo tango ai certi commercianti , e aprendo le danze a una nuova generazione. Non necessariamente di età , ma di mentalità. Unirsi per rinnovare il modo di pensare. E di pensarsi.
IO AMAZON , TU JANE
Il 24 dicembre, appunto , Saks, ha acquisito , Neimann Marcus( Amazon secondo investitore) . Insieme saranno da solo il 65% del consumo di moda italiana in America. 20 giorni prima, Nordstrom, ha aperto un negozio all’interno di Amazon. Contestualmente si parla sempre di più giganti tech che comprano retailer fisici. Quindi significa che il fisico serve ancora. E quale è il paese dove il negozio di moda per eccellenza è nato ? il nostro. Certo perche’ un dept store, non è un negozio. L’esperienza è troppo diversa. L’idea di Amazon di penetrare dentro il retail fisico, come anche quella di Zalando, è normale. È giusta. Cioè è ineluttabile che il metro ed il metodo del digitale animi, anzi rianimi il fisico. Ma in Italia c’è un Amazon? O i marchi non lo vogliono ? Si preferisce diluire il valore del commercio e del retail ( quando non si sa cosa dire, si dice sempre questa frase : sono solo bottegai), solo spacciando un po’ di stock o parallelo, o vogliamo contribuire a pensare un nuovo retail ? Fermiamoci.
FILERA COMMERCIALE – FILIERA NAZIONALE – FILIERA CULTURALE
Prima che Amazon, ci venda qua dall’ America, prodotti venduti dagli italiani( gia’ succede). Dobbiamo fermarci e costruire corsie preferenzial per il consumo italiano. Il racconto del grande è bello, come ci è stato promosso può essere fuorviante. Così come ogni giorno , falsamente ci raccontano che si vuole salvare la filiera produttiva( oramai in balia dei francesi) , ai commercianti italiani e magari anche alle fiere indipendenti servirebbe supportare la filiera commerciale. Negozi, agenti, commercianti e marchi . Coagulati dovrebbero costruire un nuovo modello di business. Altrimenti i grandi si mangeranno i piccoli. E dopo i bar cinesi, i negozi di roba cinese, avremo anche i negozi di moda di lusso cinese. Perche’ il resto lo compreremo da Amazon. E quindi … una società, che non compra, non saprà vendere. E quindi a forza di fare solo i produttori, scompariremo. Il modello settoriale gestito con KPI finanziari non ha retto.
CONFORMISMO + CATECHISMO
Ho una impressione. Senza essere una squadra, senza essere uniti. Senza veri leader . Senza reale comunione di interessi andare ad una fiera non ha più valore.
Una volta si andava per vedere un prodotto, Adesso si va per tastare il mercato. Abbiamo tutti troppa paura. È normale c’è molta offerta e minor domanda. Continuando a concepire una retorica e una organizzazione del sistema moda italiano come un catechismo sarà molto dura. La rivoluzione non si fa con chi ha gia’ il potere, serve gente con fame.
Domani alziamoci e andiamo a capire il potenziale di un nuovo modello , che, come prima cosa, deve obbligarci tutti a contribuire a impostare nuove generazioni, di commerciali, e soprattutto di retailer , di gente che ama questo lavoro, e sa essere in armonia con i brand. Visionari capaci di unirsi per abbattere i campanili e le miserie di un commercio troppo sottovalutato. Ottimizzare i costi ed alzare i margini. Il margine, l’unica via che permetterebbe’ all’ecosistema italiano di contrastare la impari battaglia, contro
- i giganti tech ,
- il fast fashion dei centri commerciali (favoriti da una miope politica),
- l’ottusità di molti marchi, che hanno deciso di rifarsi sugli italiani delle frustrazioni subite all’estero .