Arrivano le sfilate. Una volta tutto pieno. Oggi, sensazione da cabina di Bancomat assolata. Entri e non hai più in testa il codice, sudi. Esci senza soldi. A volte lasci la carta li. Un giro a vuoto. Così fa anche il retailer. Si entra nello show room senza soldi e si esce senza soldi. Nessuno vuole comprare. Pochi vogliono vendere. Non si compra, non si vende. La festa è rimandata. C’è una sensazione oltre la paura, la stanchezza della negatività, o la paralisi da novità. Ma soprattutto la fatica del e nel nuovo modo di lavorare. Dopo anni di banalizzazione del ruolo e della vestizione bambinesca del ruolo, il Buyer deve trasformarsi. Non possiamo cambiare lo stilista ogni due stagioni, devono cambiare i metodi di acquisto. Non può più essere come un carattere di Super Mario Kart, che se cade viene sempre ripescato. Il buyer deve avere le responsabilità e la partecipazione alla decisione, numerica, economica, e soprattutto finanziaria. Non deve e non può essere un soprammobile, non deve e non può pianificare gli OTB da solo con il chat gpt. La sua principale dote… trasformare immagini in numeri, e trasformare numeri in racconti. Ascoltare chi vende . Capire chi consuma. Convincere e Coinvolgere chi propone in brand.
DA STAR A STAMP
Un giovane mestiere figlio della festa, l’arte , l’amicizia, la community, il circoloco, la fomo al quadrato, la serata, l’aperitivo di Mytheresa…. Il contesto affonda nel silenzio più assoluto. Appese pellicce e stivaloni e cappellini al chiodo. Chiuse le grandi cene innaffiate da Sassicaia .
Ridotte al massimo le presenze social, ridotti gli aftershow, ridotti i viaggi in business. La normalità assordante e’ qua. Tutto diventa come una Festa religiosa periferizzata. Una quaresima.
La sessione di acquisto in show room da evento diventa tormento. La processione senza statua, i cavalli del palio, senza casacca. Cosi’ I buyers, soffrono hanno un dolore antico. Quello del vorrei cambiare ma non posso. Non riescono a capire che siamo atterrati nel pianeta Terra. Molti di loro se non cambiano mentalità si troveranno presto in altre posizioni. Alcuni in altri pianeti.
Sono come francobolli. Hanno un valore, ma non servono più. Comprare forse è diverso da selezionare. Più di tutto quello che serve è assortire.
Assortire voce dotta, recuperata dal latino absorptus, participio passato di absorbére ‘assorbire’, da sorbére ‘sorbire. Un negozio assorbe merce. Non può tenerla a vita in magazzino.
SUPER MARIO CORT
Scegliere i marchi come i circuiti di Super Mario. Pagare attenzione alle banane scivolose per strada. Attenzione ai fulmini. Fregarsene delle profondità perche tanto c’è il preordine del coreano. Fregarsene dei prezzi come quando sei all’invito della fashion week del Guatemala. Parlare prevalentemente di pilates prima di una riunione sul sell out.
Tutte cose che non esisteranno più. È bene spiegarlo. La caduta di mostri sacri digitali e fisici, dovrebbero far riflettere tutti sulla necessita di cambiare la mentalità dei buyers e dei merchandisers. Sia dell’wholesale che del retail. Considerati o come dei santoni, e accartocciati e inascoltati e non letti come dei santini, oggi il loro ruolo è importantissimo per avere il tanto agognato margine.
Ma soprattutto per capire come sta andando il settore.
Un settore che ha voltato pagine. Dove il patrimoniale conta più del reddituale. Dove il fisico ha più appetibilità del parallelo. Dove l’età non è solo anagrafe, ma è anche il suffisso di sobri.
ROCCACANNUCCIA FASHION WEEK
Non avendo più soldi da spendere le loro decisioni non posso essere affidate alla loro individualità più nascosta. I buyers e i merchant devono essere seguiti aiutati e guidati. da chi ? da coloro che hanno la necessita di dirsi capo e ceo di una attività retail.
Il margine non si fa. Il margine si pensa. Si definisce. È una scultura . Bisogna mentalizzarlo. Scolpirlo. Non viene fuori da un cilindro, o da una equazione. Il margine è un ora di 61 minuti. Manca sempre poco per ottenerlo. Non c’e’ mai quello perfetto.
I ceo dei grandi conglomerati retail italiani ed europei sono ormai afflitti da strabismo di acquisto che da il mal di testa. Vogliamo la ricerca, vogliamo il prezzo ed il pezzo caro , vogliamo le cose immettibili, tanto per far capire che anche a Rocca Cannuccia, non faccio il parallelo.
O, in posizione specchiata, faccio prodotti cari per mostrare la mia capacità di artigianato , ma in realta vendo solo magliette e cappellini.
In realtà , da qualche quarto, ci salviamo con sconti, stock e market place, e diavolerie varie .Nel fisico metto tutto rigorosamente under 500. Questa litania, questo rosario a 40 misteri della fiction in showroom deve finire. Soprattutto da parte dei marchi. Per fare questo diamo ai buyers un nuovo status ed una nuova preparazione.
Ci vorrà parecchio da parte nostra. Ci vorrà la loro elasticità per apprendere e migliorare le attuali condizioni. Ma se non si riesce avremo ancora più danno , di quello che abbiamo non avendo dei commerciali ascoltati.
Perche’ almeno molti commerciali comprendono la situazione. Molti buyers, sono li soli . Hanno percepito. Ma devono fare ancora il primo passo.
SAN CARLO vs KANDISKY
Come studenti del San Carlo , abbronzati e lisci, arrivano alle sfilate come al primo giorno di scuola di settembre. Belli, imbionditi dal sole del Forte. Una settimana in show room, avranno i brividi. Sono pronti a raccontare le vacanze imperiali, e a farsi fotografare fuori dalle sfilate.
Ma quando rii-entreranno in show room, saranno ologrammi. Bianchi e sfocati. Capiscono che da ricercati ricercatori diventeranno ricercati e basta. Nel conflitto sturmiano tra amore del bello e razionalismo del budget, arrivano impauriti e impoveriti agli show rooms autunnali.
A quelli invernali con pochi soldi, poche idee , tante incertezze, una unica ferma volontà non voglio rischiare. Non c’è il PNNR del budget. Forse c’è l’ultima stagione. La fase del narcisismo collettivo finisce, una nuova scena si presenta. Ma i più narcisisti sono coloro che non li hanno preparati al modello nuovo, anzi li hanno usati . Non si dovrebbe più comprare per stagione, ma per consumo e consumatore. Molti Retail, obbligano i buyer ad un concetto di ricerca superata. Li obbligano a mettere vicini marchi impossibili da mescolare.
È come mandare i ragazzi del San Carlo a fare Ginnastica al Professionale del Gratosoglio( istituto Kandinsky) . Impossibile.
Spiegare i canali, spiegare i retail spiegare le consegne. Non più preordini tipo postal market, ma assortimenti da sinfonia. E non budgetini rapsodia, anzi da raptus.
Basterebbe aiutare un buyer con una serie di informazioni :
1) Dimensioni di volume assorbito per fascia prezzo
2) Mark up minimo accettabile
3) Righe a 1 pezzo
4) Consumo per categoria stagionale
5) Dimensione di velocita omnicanale.
Basta con i soliti sell thru, ho comprato che, ed ho venduto qs. La vendita retail, non corretta non darà mai dimensioni di assorbimento precise. Oggi esistono programmi che ti proiettano le vendite nei tempi e nelle condizioni che vuoi.
La cosa che fa differenza è la media prezza, e il tempo di presenza.
Gli studenti del Carlo saranno si i più belli di Milano. Ma non so quanto possono essere preparati alle difficolta della scuola pubblica di Gratosoglio. Gli studenti del San Carlo del Buying vanno in giro insieme ( errore), si trasmettono informazioni sbagliate insieme( errore) , vanno dagli show room degli amici con il passaparola ( errore) nessuno di loro è pronto per prendere decisioni individuali.
Al contrario il mestiere del buyer è il mestiere della individualità cercata e voluta. Come i grandi e veri giornalisti devono avere la schiena dritta e non comprare quello che gli piace, ma piacere a coloro che comprano in negozio. La croce si porta da soli. E la non la si puo lasciare al back office, o farsela portare da Uber.
Gli studenti del San Carlo comprano come se ogni marchio fosse una storia a sé. Vessati da venditrici e line list, non riescono a costruire un modello di acquisto come una rappresentazione. Tutto è chiuso ogni marchio, non si lega con l’altro . Se portata in negozio, la merce :
– O rischia di essere tutta uguale
– O non lega tra loro
– O non è semplicemente mettibile( ricordo il problema taglie)
COVID 20 E FORSE ANCHE 21. ANCHE 22.
Ci sono una ventina di marchi che come sempre, nel panorama del business retail fanno la differenza sull’omnicanale. Questi marchi hanno aumentato i prezzi negli ultimi tre anni del 200% . Il loro budget aumentato a dismisura condiziona gli altri 200. Sì, perche un negozio che si rispetta oggi era arrivato, per arginare la penuria di merce vendibile sotto i 400 euro al pubblico, ad avere 200 marchi.
Come si possono in 400 metri quadri rappresentare 200 marchi? Al posto di un magazzino rischio di avere la stazione doganale di Shenzen. Pacchi che vanno , pacchi che vengono, tutto basato sulla quantità. Niente sulla qualità.
I 20 21 marchi che racchiudono il 70% del budget, hanno bisogno di un contorno di 200 marchi per rendere il catalogo appetibile? Non può più essere possibile. I negozi rischiano di essere come i vecchi Vogue degli anni 00 , con 2000 pagine di pubblicità e 4 articoli che nessuno leggeva.
E così, non c’è solo il problema di cosa comprare, ma di quanto comprare. Perche se compro solo marchi covid, non ho quantità. Non ho profondità. Non ho margine.
Ma al buyer queste cose vanno mostrate e ridimostrate, condite e scaldate e vanno ordinate e inculcate in testa.
Il margine, che è il nuovo must , si ottiene , non comprando tanto e vendendo tanto. Ma comprando cose che posso comprare ottenendo il massimo margine teorico.
Ed il margine teorico si ottiene da quattro step :
– Mark up elevato
– Consegna anticipata
– Riga profonda
– Prezzo umano
– Omincanalita preventivabile
Siamo sicuri che abbiamo preparato buyers e merchandiser a questa meccanica ? O che hanno solo un foglio, dei numeri e tre foto? È il capo che deve guidare e dare certezza e non fare di tutto per alimentare il vecchio conflitto sulla qualità del Buying .
AMORE DI UN LAVORO CHE NON VIENE VALORIZZATO
La razionalità’ improvvisamente calata nel settore porta molti giovani buyers ad essere irrequieti.
Non si ritrovano più con i valori che il decennio ha trasmesso. Infatti, gli errori in show room, se non ben gestiti oggi non possono più essere corretti.
A volte c’è anche la sensazione che è il marchio che ti vuole far sbagliare obbligandoti a regole e meccanismi che alla fine della fiera…. non serviranno più . Perche’ se segui quel mix di acquisto, non avrai mai margine. O meglio… non ci guadagnerai.
Il più capace non sarà chi compra di più , ma chi sarà in grado di cogliere non solo l’estetica, ma la semantica del nuovo consumo. Come Goethe 250 anni fa delineava un profilo nuovo di gioventù, tuttora attuale( belli e ribelli) servirà uno sforzo per rigenerare il nuovo ricambio nel mondo della moda. Questa generazione è forte, ma va aiutata. Sono bravi nel successo. Non hanno mai dimostrato di essere forti nel calo. L’unico modo di aiutare loro è di spiegare bene il modello retail ed il modello dei margini. Anzi di rispiegarlo. Propongo una accademia centrale.
QUELLI CHE BEN COMPRANO
Da 10 anni valeva la regola “ più compro più vendo”. Da 10 mesi, vale solo “meno compro più mi salvo”. In un budget più piccolo, si notano molto di più gli errori. Tanta amarezza.
Frankie Hi-Energy , recitava” E come le supposte abitano in blisters full-optional…Vivono col timore di poter sembrare poveri . Quel che hanno ostentano, tutto il resto invidiano.” ecco il modus un po ragnatelizzato del lusso. Propinato berlusconiamente e recepito fellinianamente.
Sarebbe più opportuno dire basta ad una apparenza forzata, basta alla “estetizzazione spietata” dell’acquisto. Proviamo a descrivere nuove interpretazioni del ruolo più centrale del mondo della moda nel tempo dei dati. Probabilmente da belli e ribelli, li abbiamo costretti a diventare marionette. Adesso al tempo delle macchine che sfornano i dati, diamo forza a queste individualità devono assumere nuove uniformi mentali.
Prendere la residenza in Edifici Culturali meno simili a Case di Barbie, trasferirli nei Garage di Palo Alto. Non è solo il momento che lo richiede( sobrietà ) ma anche il consumatore.
Più pratici con il dato finanziario, più bravi con il racconto, meno concentrati sul brand , più preparati non a scegliere i prodotti ma a costruire una narrazione. Se non ci si muove adesso i grandi monopolisti della moda, metteranno solo prodotti ogm nei siti e nelle vetrine. Serve una sostenibilità negli acquisti che ci sappia preservare da prezzi pazzi, consegne pazze ed estetica fotocopia’. Rifiutarsi di essere attori non protagonisti di scene mute alla Buster Keaton. C’è solo una scelta da fare per essere veri e genuini. Essere arguti e mostrare qualità. Farlo dinanzi le scelte difficili. A cominciare da tagliare ogni superfluo. Abbracciare la via più complessa. Quasi sempre si arriva nel posto dove non saremo accecati dalla nostra Luna Nera.